Chiara Trevisan
lavoratrice dello spettacolo

Data pubblicazione intervista:

08/10/2014

Il suo percorso di donna e artista. Quali elementi differenziano l’opera di una donna da quella di un uomo?

Sì, c’è differenza; i modelli che ho avuto sono stati prevalentemente maschili, sia nella prassi sia nella drammaturgia ed ho percepito che avrei dovuto adattarli al femminile. Preciso che non sono un’attrice nel senso classico e che lo sapevo dall’inizio della mia formazione. Questo plasmare stili da un genere all’altro è sfociato nel mio primo spettacolo, “Il Circo delle Pulci di Valentino”, in cui la drammaturgia di un uomo era donata ad una donna perché alla messinscena mancava qualcosa e la motivazione di questa lacuna è entrata a far parte del copione, completandolo. Negli ultimi due anni ho ragionato molto sul mio lavoro di artista di relazione, a cui la performance è funzionale; il progetto della lettrice vis-à-vis ha diversi livelli di accessibilità, è un rapporto di prossimità estrema, ma si può fruirne anche a distanza, come ha fatto un elegante signore al Festival di Letteratura di Mantova 2014, che mi ha osservato, da lontano, per tutti i dieci giorni della mia performance, avvicinandosi e ringraziandomi solo alla fine della manifestazione, per le mie capacità di ascolto e comunicazione.

Tra la vocazione artistica e la raggiunta autonomia c’è stato un divario? Ha fruito del sostegno della famiglia?


Dopo gli studi, io ho più fatto che detto; ho cominciato a fare e in qualche modo a sostenermi con quello che facevo; la mia famiglia mi ha attribuito fiducia, non sono stata osteggiata. Ed è stato ed è fondamentale il contributo e la collaborazione di Andrea, il padre di mia figlia Zoe, che sia dal punto di vista logistico che dal punto di vista umano, pur con tutte le perplessità e la differenza di vedute, non ha mai smesso di sostenermi e aiutarmi. Anche quando le nostre strade si sono separate, non ha mai smesso di essermi famiglia, con Zoe, anche da questo lato. La precarietà fa parte dell’esistenza e va ben al di là della mobilità, il disequilibrio costante e la messa in discussione delle competenze non deve ledere la coscienza di saper fare cose, magari strane, artistiche, culturali, ma che vadano incontro ad una domanda. Che c’è.

Come la lettrice vis-à-vis? Vuole precisare che tipo di esperienza attorale è?


Viaggio con una bicicletta munita di carrettino, mi fermo in certi angoli di strada (ma anche in altri contesti) e costruisco un salottino; sono una figura femminile ben abbigliata e gentile che quasi sembra disegnata, il livello di disponibilità è un po’ ambiguo, si crea quindi una relazione performativa estremamente intima; sono un’apparizione stralunata ed inquietante, taluni mi scambiano per un’installazione di arredo urbano, tant’è che mi scattano fotografie senza chiedermi il consenso; le persone che sono attirate da questo set si avvicinano, mi parlano, scelgono una citazione spiegandomi perché, intanto osservo come si muovono, come si vestono, ascolto e questa attenzione mi porta a trovare la pagina giusta: leggendogliela vado a ritoccare gli equilibri emozionali, psichici, sensoriali, umani; si attua uno scambio intenso in una decina di minuti in cui io cerco di realizzare una piccola formula, uno più uno fa tre, cioè dall’incontro di due persone riesco ad avere un di più in un minimo conflitto cognitivo che conduce verso qualcosa di inaspettato. E vivido, e arricchente.

Racconti, se si è verificato, un episodio determinante per la sua scelta professionale.


Due incontri, due mentori che hanno cambiato il corso della mia vita. Uno è un burattinaio, drammaturgo, astronomo, docente argentino, responsabile per il ministero della didattica non formale delle scienze, Horacio Tignanelli: mi ha insegnato a sostenere una domanda, anziché dare una risposta. Un principio che è diventato una mia linea guida; l’altra figura fondamentale è stata Ariane Bieou, coordinatrice di network europei, operatrice culturale: mi ha insegnato ad ascoltare e rispettare me stessa, per rispettare gli altri lavorando in rete, a sviluppare nuove competenze, passando attraverso la ridefinizione di sé.

Investimenti privati e finanziamenti pubblici: cosa pensa della relazione tra denaro e cultura?


Penso che la cultura vada finanziata, così come si debba investire nella ricerca, cioè nella crescita e nello sviluppo di un organismo. Credo che lo Stato sia tenuto ad avere una responsabilità in questo, e in termini precisi. Credo che finora sia mancata una competenza specifica in chi attribuiva i finanziamenti (pubblici), un criterio, un metodo che fosse anche politico, ma nel senso di restituire all’operatore culturale il ruolo politico che gli spetta, quello di agente di cambiamento e perciò legittimato ad autodeterminarsi nella distribuzione delle risorse disponibili per questo cambiamento. Focalizzare la discussione unicamente sull’aspetto merceologico della cultura, che ha tutto sommato strumenti ormai noti per essere esplorato e risolto anche a fronte della ricaduta che genera (crawdfunding, finanziamenti privati, autoproduzioni, bandi – quando accessibili - , donazioni, ecc.) distoglie l’attenzione dal ruolo che ad essa va riconosciuto, anche dal punto di vista economico, per un altro tipo di crescita che non ha corrispettivo economico.

L’essere donna è stato un vantaggio, un ostacolo o un aspetto ininfluente?


Dipende. Ininfluente mai. Quando sono in giro per lavoro essere donna è un ostacolo, si dà per scontato che la parità legittimi tutto ma caricare, scaricare, spostare, sollevare, non è agevole ed anche essere costretta a non vedere abbastanza mia figlia, perché il lavoro comporta che viaggi da sola, è un sacrificio; mi stupisce che la nuova generazione di artiste trentenni non possa prendere in considerazione l’ipotesi di riprodursi, nemmeno lo immaginino…..ecco, questo mestiere, paradossalmente, può levare l’immaginazione ad una donna…io pretenderei il rispetto, equivalente a quello dovuto ad ogni altro/altra lavoratore/lavoratrice.

Quali tematiche privilegia e a cosa sta lavorando?


C’è un filo rosso dal primo spettacolo ad oggi, dal circo di pulci fino alla lettrice, passando anche per il secondo titolo “Safety Box-Pulci in sicurezza”, dove la mia femminilità è stata fortemente messa in discussione perché ho lavorato nei cantieri edili, a grande maggioranza maschile, con un’operina in scatola per uno spettatore per volta; il committente era molto favorevole a questo esperimento per propagare la sicurezza sul lavoro in modo non ortodosso ma di sicuro impatto; continua la sua corsa la lettrice vis-à-vis che è stata ovunque, libera in strada e nei festival: è uno strumento di relazione con grandi capacità di adattamento [n.d.r. informazioni su La Lettrice vis-à-vis:http://lalettrice-vis-a-vis.com fb: https://www.facebook.com/lalettricevisavis]

Ha qualche consiglio da dare ad artiste emergenti?


Formarsi molto bene, essere consapevoli della propria competenza, non svendersi mai, mettersi in rete, non confondere lavoro e regalo per restituire valore a entrambi.