Carolyn Christov-Bakargiev
Direttrice Artistica del Museo d'Arte Contemporanea Castello di Rivoli

Data pubblicazione intervista:

15/03/2009

Il suo rapporto tra la femminilità ed il potere. Quali elementi differenziano la dirigenza di una donna da quella di un uomo?

La flessibilità; diversa è soprattutto la capacità delle donne di non litigare in maniera frontale. Da migliaia di anni la donna è sottomessa, diventa quindi quasi genetico il dover gestire, attraverso strumenti meno direttamente fisici, la conflittualità. Siamo come le canne, che si piegano senza spezzarsi, sviluppiamo l’adattamento e l’ascolto, anche in posizioni di potere. Racconti, se si è verificato, un episodio determinante per la sua scelta professionale. Non ho ancora scelto il mio lavoro, aspetto di sapere quale sarà…

L’essere donna è stato un vantaggio, un ostacolo o un aspetto ininfluente?

E’ certamente influente, ma le donne hanno un patrimonio genetico da cui trarre suggerimenti inconsci. Poi non tutto è determinato dalla volontà, muliebre o maschile che sia, hanno peso anche i contesti sociali.

In ambito artistico, lei crede sussistano ancora discriminazioni? Se sì, le combatte? Come?

Le discriminazioni ci sono, non tanto nel lavoro degli artisti: non credo cambi granché se sono uomini o donne, anzi, nei primi anni ’90, con l’esplosione della celebrazione della differenza, non penso si sia discriminato nessuno; siamo osteggiate in ambito direzionale; sono la seconda donna che dirige “Documenta” a Kassel su tredici edizioni; la Biennale di Venezia, in un centinaio d’anni, è stata condotta una sola volta da, non una, bensì due donne, come dire, due direttrici valgono un direttore. Questi sono dati, ma lo è anche il fatto che il castello di Rivoli sia il più prestigioso museo d’arte contemporanea in Italia, diretto per diciotto anni da una donna, Ida Gianelli; forse questo merita una riflessione. La tendenza si sta lentamente invertendo, purtroppo però se si è donna (o non si è di razza bianca) si deve ancora lavorare di più ed essere più brava. Obama ha dovuto essere più bravo.

Investimenti privati e finanziamenti pubblici: cosa pensa della relazione tra denaro e cultura?

E’ una relazione delicata, mantenuta all’interno di una serie di equilibri tra le forze; un buon sistema non è sbilanciato né in un senso né nell’altro; se fosse solo il denaro pubblico a decidere le sorti della cultura sarebbe un disastro, le scelte sarebbero arbitrarie perché, curiosamente, l’arte è una cosa dove tutti si peritano di dire la loro e gli amministratori pubblici non hanno l’atteggiamento di umiltà che dovrebbero avere e che mostrano in altri contesti, quali la medicina o la matematica; non discuterebbero una scelta sanitaria, ma giudicano le arti: come tutti i settori del sapere e della conoscenza, la domanda da farsi, di fronte alle opere, non è “mi piace non mi piace” ma “è vero”, oppure, “è necessario?” Con troppo denaro istituzionale si creano artisti di stato, fautori di un’arte autistica, ma grazie ai soldi pubblici ci si occupa di arte collezionabile; i privati invece tendono ad affidarsi agli esperti ed hanno un’attenzione eccessiva per il rapporto tra arte e mercato. L’optimum è la via di mezzo.

Quali progetti la impegnano attualmente?

La direzione di “Documenta XIII” a giugno 2012; è una manifestazione tra le più significative al mondo nel nostro settore ed è un lavoro che sto affrontando con impegno.

Ha qualche consiglio da dare ad artiste emergenti o giovani imprenditrici?

Consiglio di seguire ciò che non si capisce, che non si conosce, di andare verso l’incertezza; confondendo sé stessi si progredisce, la via poi si dipana; cercare conferme rallenta e, metaforicamente, uccide.