Paola Anziché
artista

Data pubblicazione intervista:

17/07/2013

Paola Anziché è un’artista speciale e poliedrica, è nata a Milano e vive a Torino, si è formata tra l’Italia e la Germania, si esprime attraverso sculture, installazioni, performance, film, video, fotografie, libri d’artista, ha esposto in patria e all’estero; la più recente mostra è 2013 Alle radici della Democrazia, al Centro di Documentazione Territoriale di Cuneo, un progetto di GAM e del Consiglio Regionale del Piemonte. Ha un sito ricco ed aggiornato http://www.paolanziche.net/

Il suo percorso di donna e artista. Quali elementi differenziano l’opera di una donna da quella di un uomo?


Non mi riconosco in questa distinzione, uomo o donna nell’arte. Io ho una propensione istintiva verso il femminile, faccio ricerche su scrittrici, artiste, trovo il mondo delle donne molto più ampio, ma deriva dall’idea della maternità e di una certa generosità, la donna ha l’attitudine a rigenerarsi; in molti ambiti sembra più vicino al mio punto di vista, non mi piace definirmi artista/donna escludendo gli uomini, è una questione di sensibilità, che possono avere anche gli uomini.

Tra la vocazione artistica e la raggiunta autonomia c’è stato un divario? Ha fruito del sostegno della famiglia?


La propensione artistica l’ho avuta da quando ero bambina, ero estroversa, espressiva con il corpo e la voce; per arrivare alla sopravvivenza sono stata sostenuta dalla famiglia e dal mio compagno, soprattutto psicologicamente, poi si è creata una rete di contatti e il lavoro si è avviato; il mio campo d’azione è vasto, ho avuto la fortuna di colaborare con astrofisici, agronomi, botanici, dipende dai progetti che sviluppo, i quali a loro volta nascono dalle idee e dai miei interessi. Ho frequentato l’Accademia di Brera, inizialmente volevo dedicarmi al restauro, poi ho deciso di smettere e ho cominciato a scoprire il mondo dell’arte contemporanea, ma mi era del tutto sconosciuto; quando mi hanno parlato per la prima volta di Piero Manzoni, ad esempio, mi ricordo come non avessi capito nulla, però questo non capire mi incuriosiva. A me ha sempre portato avanti la spinta a superare la semplice curiosità.

Racconti, se si è verificato, un episodio determinante per la sua scelta professionale.


Il Giardino dei tarocchi o parco delle meraviglie di Orbetello dell’artista franco-statunitense Niki de Saint Phalle mi ha illuminato, perché l’ideatrice e creatrice ha dedicato quasi trent’anni della sua vita, dal ’79 al ’96, alla creazione di questo parco, autofinanziandosi, perché era un’opera realizzata per necessità artistica e non su commissione; mutuando l’ideale di vita di Niki ho deciso di dedicarmi all’arte. Mi faccio portatore dei miei interessi, non lavoro quasi mai su commessa, le mie opere entrano "nel circuito" quando esistono già. Ho studiato a Brera e poi a Francoforte sul Meno alla Städelschule, un’accademia a numero chiuso, credo nei posti in cui è molto difficile entrare, le lezioni erano in inglese e in tedesco, lingue che non conoscevo, ma il mondo dell’arte mi ha aperto la comprensione anche delle lingue; affrontare lo studio di una lingua non era un ostacolo, se serviva a coltivare i miei interessi: è il miracolo della passione, che supporta tutto.

Investimenti privati e finanziamenti pubblici: cosa pensa della relazione tra denaro e cultura?


Quando ho deciso di tornare in Italia, pensavo che le circostanze e l'economia attorno al mondo della cultura fossero in una fase di crescita, viceversa, negli ultimissimi anni abbiamo visto un netto peggioramento. Auguriamoci che anche qui si riproducano modelli illuminati come quello della Danimarca, che stipendia i suo artisti per le ricerche all'estero.

L’essere donna è stato un vantaggio, un ostacolo o un aspetto ininfluente?

Direi che...non lo so.

Quali tematiche privilegia e a cosa sta lavorando?


Le tematiche sono piuttosto varie, a seconda delle mie ricerche, ora sto preparando un lavoro filmico intorno a Patience Gray, una scrittrice inglese esperta anche di cucina tradizionale, che si è trasferita nel sud del Salento negli anni ’70 ed lei ha introdotto la cucina mediterranea nei paesi anglosassoni; mi ha interessato in lei la donna curatrice, raccoglitrice di erbe, attenta ai rituali, a quell'insieme di conoscenze che fanno parte della cultura materiale. Gray ha condotto una vita nomade, poi si è stabilita in una zona particolare della Puglia in un momento in cui era una terra piuttosto selvaggia, la macchia meditereranea regalava una miriade di piante curative, medicinali e di cucina, più di 1400; in un libro Gray parla di cultura della donna e della sua importanza nella società, quella lettura mi ha portato molto vicino alla sua figura, ho deciso di andare ad incontrare il figlio e di scrivere un progetto filmico: l’idea è di fare una camminata lungo i suoi luoghi con gli occhi di oggi, che vedono quella terra infestata da abusi edilizi e bossoli di cacciatori.

Ha qualche consiglio da dare ad artiste emergenti?

Non fate le artiste! Scherzi a parte, è seriamente da prendere in considerazione il difficile contesto di "inserimento professionale" che spesso non aiuta in profondità la crescita e la circolazione.