Zahira Berrezouga
Attrice

Data pubblicazione intervista:

01/10/2006

D. Il suo percorso di donna e artista. Quali elementi differenziano l’opera di una donna da quella di un uomo ?

R. Nel mio percorso sia formativo sia lavorativo non ho notato grandi differenze, sono stata fortunata, o sfortunata, non ho mai ricevuto avances…talvolta le donne hanno una capacità di percezione più profonda, ma dipende dai contesti, ho lavorato con professionisti stranieri dell’est, uomini molto più sensibili …

D. Tra la vocazione artistica e la raggiunta autonomia c’è stato un divario? Ha fruito del sostegno della famiglia?

R. Sostegno economico no, emotivo sì, ho iniziato all’oscuro dai miei genitori, ufficialmente ero una studentessa modello di Economia e Commercio; il primo laboratorio di teatro l’ho frequentato per divertimento, poi mi sono iscritta alla scuola professionale, lavorando di sera per pagarmela. Mia mamma è pensionata delle Poste e mio papà operaio specializzato, certo sono stati sorpresi quando gliel’ho confessato apertamente, ma non mi hanno ostacolato; sono venuti a vedermi in teatro e si sono resi conto che per me era davvero un lavoro.

D. Racconti l’episodio che ha determinato il passaggio da un sogno d’arte ad una professione d’artista?

R. Il passaggio è stato drastico, dopo i primi stage e la scuola Dravelli, poi fallita, mi sono detta “o mi butto o lascio”; quindi ho cominciato la scuola professionale, 5 giorni su 7 per 5 ore al giorno; lì ho capito che fare l’attrice significava impegnarsi, che era richiesta una formazione costante del corpo, della voce, l’allenamento della memoria, la conoscenza ed il rispetto di regole; è un mestiere mentale e fisico faticoso. Durante il mio iter didattico ho compreso quanto fosse importante maturare un senso di responsabilità nei confronti di quello che facevo. Non ricordo nessun episodio, a parte la possibilità di partecipare al Festival di Avignon nel 2003, con Santibriganti Teatro in “La commedia della pazzia”: fu uno spavento enorme, eravamo stati scelti con solo un’altra compagnia italiana; quell’esperienza significò per me entrare in un clima di lavoro, con una replica al giorno di fronte ad un pubblico straniero: un contesto difficile ma gratificante che mi entusiasmò.

D. Relazioni sociali e canali di finanziamento pubblico: sono importanti, sa come accedervi?

R. Ho fondato, con alcuni altri giovani colleghi, O.P.S. (Officina Per la Scena), appena finita la scuola professionale; abbiamo realizzato due spettacoli, partecipato ad alcuni festival, ma la mancanza di soldi e la ricerca di finanziamenti esautoravano le nostre energie; rammento che facevamo tre repliche al giorno di “Il Pellicano” di Strindberg, per incassare qualcosa in più; dopo ogni rappresentazione io uscivo, mi cambiavo, struccavo ed andavo a compilare il borderò, occupandomi così anche di questioni organizzative; ero esaurita … le pubbliche relazioni, so che non sono trascurabili ma, per motivi caratteriali, non mi si confanno …

D. L’essere donna è stato un vantaggio, un ostacolo o un aspetto ininfluente?

R. Tra il vantaggio e l’ininfluente, anzi, penso sia un vantaggio essere donna alla mia età, perché siamo più strutturate, siamo persone più solide; le donne hanno una marcia diversa, un maggiore equilibrio emotivo, fondamentale per fare l’attrice o l’attore

D. Quali tematiche privilegia?

R. La commedia dell’arte, mentre la recito provo gioia, mescola tematiche profonde con leggerezza ed irriverenza geniali.

D. Ha qualche consiglio da dare ad artiste emergenti?

R. Lavorare con abnegazione ed affidarsi un po’ al caso, agli incontri, ai segnali…